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Presentato a Crotone il film di Castellani
Vincenzo parla contro i boss della ‘ndrangheta

Dal nostro inviato Pantaleone Sergi

CROTONE - «L'omertà si può e si deve combattere», afferma Gianluca Schiavone, il quattordicenne ragazzo romano che ha debuttato come protagonista nel film Il coraggio di parlare, ambientato e realizzato in gran parte in questa zona della Calabria forte di contrasti naturali e culturali. L'anteprima pubblica del film diretto da Leandro Castellani è stata fatta il primo maggio a Crotone e il significato della manifestazione, voluta dalla Regione Calabria e seguita da un convegno, sta proprio nella frase di Gianluca che nel film, dagli evidenti fini didattici, veste i panni di Vincenzino un ragazzo che dopo essere stato inconsapevole spacciatore di droga, spettatore per caso di un sequestro di persona, corriere discreto per le riunioni di una cosca mafiosa, trova il coraggio di parlare e di denunciare, nonostante la disapprovazione della sua gente.
A Crotone la presentazione del film e il dibattito hanno costituito due momenti importanti e significativi. Presenti il ministro per il Mezzogiorno Salverino De Vito, gli assessori regionali al turismo e alla cultura, Ubaldo Schifino e Rosario Olivo (la Regione Calabria ha contribuito alla realizzazione del film tratto da un romanzo di Gina Basso destinato a un pubblico giovanile, e coprodotto dalla Rai, dall'Istituto Luce e dal centro culturale salesiano), il regista Castellani e alcuni dei protagonisti, si è insistito sulla funzione sociale di film come questo che fanno conoscere un aspetto della Calabria sicuramente più vero e comunque diverso da quello che appare dalle quotidiane cronache di sangue.
E' Ia Calabria della speranza e della rivolta alla piovra mafiosa, dei tanti Vincenzino che vogliono diventare adulti, come ha spiegato Castellani, senza subire violenze e prevaricazioni. E in termine di fiction, il film, che durante le riprese ha coinvolto la gente di Isola Capo Rizzuto un paese del Crotonese sfregiato dalla violenza mafiosa, vuole sollecitare - e ci riesce - una sorta di ribellione attraverso la strada del riscatto, quella percorsa dal protagonista, di una Calabria e di un sud diversi. «Non è un film inchiesta, né un film documento. E' un film di giovani per i giovani, in cui ho cercato ad ogni modo di evitare lo schema manicheistico del western» afferma Leandro Castellani «tentando di portare attraverso il film un piccolo messaggio di emozioni, sensazioni, riflessioni».
Un film di denuncia sociale, dunque, in cui si vuole dimostrare che i signori della morte non sono invulnerabili, che ci sono coraggiose leve di giovani pronti a contribuire al riscatto di questa terra. Il coraggio di parlare coniuga così uno schema di racconto d'azione a sfondo sociale con memorie di un'estetica tardo-neorealista (uso del dialetto, natura1ismo delle immagini).
E i protagonisti? Riccardo Cucciolla è don Carmelo, un boss della 'ndrangheta che rappresenta la doppiezza di certe verità; Lello Arena affronta per la prima volta un ruolo «serio» e per certi versi drammatico (è don Angelo, un prete calabrese a Milano che convince Vincenzino a parlare); Antonia Piazza è la mamma del ragazzo, donna con una grande forza interiore, solidale con le scelte del figlio germogliate sulle parole di don Bruno, un altro sacerdote, impersonato da Leopoldo Trieste.
L'uscita del film nelle sale dovrebbe avvenire a giorni.


 
 
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